La notte degli archivi 2024 – 7 giugno Sa...
Nel programma del Festival Archivissima torna venerdì 7 giugno 2024 La Notte degli Archivi...
L’istituzione del primo archivio storico a Livorno si deve a Francesco Bonaini, che prese a cuore la conservazione delle memorie storiche della città natale.
Il suo progetto però non ebbe pratica attuazione in quanto l’Amministrazione comunale non riuscì per gravi difficoltà di bilancio a provvedere allo stanziamento richiesto per le spese d’impianto e di scaffalatura.
L’iniziativa del Bonaini venne successivamente ripresa dallo storico di Livorno Pietro Vigo, che, dopo aver lungamente insistito con gli amministratori cittadini, riuscì ad ottenere una sede per l’archivio ed i fondi per lo svolgimento dei primi lavori archivistici.
Già tre secoli e mezzo prima però, con la riforma della Dogana di Pisa del 28 Maggio 1561, si faceva obbligo al Provveditore di tale ufficio di recarsi ogni tre mesi in Livorno per visitare la Dogana ed “osservare se le scritture fossero ragguagliate e tenute in buon’ordine”.
Occorrono altri ottanta anni perché si rintracci un nuovo gruppo di provvedimenti che abbiano per oggetto la buona tenuta e la conservazione del materiale archivistico. Il 15 Dicembre 1633 la Comunità rivolgeva una supplica al granduca Ferdinando II per procedere all’acquisto di uno stabile dove collocare gli uffici, riunire il consiglio e conservare l’archivio degli atti pubblici.
Il 14 Giugno 1647 l’allora gonfaloniere Cesare Monti fa approvare il riordino nell’archivio di tutte le pubbliche scritture della Corte e Città di Livorno; contemporaneamente si decise di procedere ad un riordinamento generale dell’archivio e il consiglio approvò la spesa di otto ducati al mese per ricompensare una “persona idonea ad travagliare intorno alle scritture e habile a cavare dalla confusione le carte pubbliche, ordinarle e farle collocare in filze e volumi”.
Tali operazioni non furono di breve durata. I lavori di riordinamento si protrassero fino al 1679 e nell’anno successivo si copiarono in un unico registro tutte le scritture sciolte. La totale sistemazione dell’archivio era compiuta il 10 gennaio 1681.
Il Granduca Cosimo III si preoccupò nuovamente della conservazione degli archivi livornesi e dette ordine al governatore, marchese Alessandro Dal Borro, che Cancelleria e Archivio fossero oggetto di una nuova sistemazione.
Conseguenza di questa disposizione granducale fu l’inventario dell’Archivio della Comunità e Corte di Livorno, giunto sino a noi nel protocollo delle deliberazioni del comune del 1689.
Il 14 Maggio 1704 lo speciale “Editto per i Notai di Livorno” obbliga tutti i notai della città e gli eredi dei notai defunti che possedevano “atti processuali di cause delegate o no necessari o volontari, atti civili, atti di tutela” a versarli al più presto nel pubblico archivio.
L’occupazione francese segnò un arresto nei vari tentativi di ordinamento degli archivi livornesi e fu indirettamente fonte di dispersioni. Ai primi di luglio del 1796, il Comando del corpo francese di occupazione si impossessò dei “libri dei lazzeretti” e non tutti tornarono nella loro sede originaria.
Alla restaurazione del governo granducale, gli archivi livornesi si trovavano in uno stato di notevole disordine, tanto che il dr.Luigi Coppi, deputato comunitativo alla liquidazione dei crediti della città contro il governo francese, per rintracciare i documenti che lo interessavano (atti di amministrazione della mairie dal 1808 al 1814), propose, e la Comunità approvò, un riordinamento generale dell’archivio, che venne affidato a Luigi Petit.
Dopo l’annessione della Toscana al Regno d’Italia dobbiamo notare a Livorno un nuovo interessamento per gli archivi e per la consultazione delle fonti documentarie.
Il lavoro di riordino degli atti ebbe inizio nel 1888. In quell’anno il Sindaco di Livorno Niccola Costella, affidò a Pietro Vigo l’incarico di sistemazione e inventariazione dell’archivio storico del Comune; riferendosi al deplorevole stato di disordine dei documenti egli evidenziava “…come questa cosa non sia conveniente per un comune come il nostro…”.
Il Professor Vigo, ottenuto l’incarico, cominciò a porre in atto il progetto di costituire un archivio storico comunale, in quanto il nuovo istituto cittadino doveva avere come nucleo principale gli atti della comunità, ma a questi si dovevano via via aggiungere altri fondi importanti, destinati a documentare la vita, la storia e l’attività commerciale della città e del porto.
Il suo lavoro ebbe inizio con la ricerca del materiale della “Comunità e Corte di Livorno” che trovò, ancora una volta, ammucchiato malamente in due sale del piano superiore del palazzo civico, nelle condizioni in cui molti anni prima era stato rintracciato dal Tesi. Ma Pietro Vigo aveva ambizioni più vaste dei suoi predecessori; intendeva cioè raccogliere i fondi archivistici della città e della Provincia per arrivare alla costituzione di un archivio storico cittadino che potesse divenire un giorno un Archivio di Stato.
L’ordinamento dell’archivio comunale venne iniziato con la serie degli statuti cittadini, seguirono i “Libri d’oro” della nobiltà di Livorno e i “Cittadinari”.
Il Vigo divise poi l’archivio comunale nelle seguenti serie: “Atti civili e negozi di comunità”, “Registri di tasse”, “Prigioni e Bagno dei Forzati”, “Lettere Varie”, “ Spedali”, “Edilizia”, “Guardie di Difesa del Castello”, “atti della città dal 1607”, “atti delle scuole dal 1620”, “Solennità pubbliche”, ”Pubbliche Calamità”, “Solenni ricevimenti di Principi e di ragguardevoli personaggi”, “Occupazioni Straniere”, “Guardia Civica”, “Guardia Nazionale”, “Svolgimento della parte topografica della città sino all’ingrandimento del 1835”.
Ottenne numerosi atti, anche non giudiziari, del Tribunale di Livorno e ne costituì altre ripartizioni simili alle precedenti. Le ricerche del Vigo si rivolsero, successivamente, all’archivio dei RR.Spedali Riuniti.
Dalla presidenza di tale istituto potè ottenere il deposito di molte pergamene, statuti di diverse confraternite, luoghi pii ed ospedali e l’archivietto del romitorio dei gesuiti della Sambuca dal 1260 al 1669. Le pergamene provenivano per la maggior parte dall’eremo di San Jacopo in Acquaviva ed erano pervenute ai RR.Spedali attraverso la segreteria del lazzeretto di San Jacopo, alle dipendenze del Commissario degli spedali.
Pietro Vigo aveva intenzione di recuperare tutti i documenti riguardanti Livorno, addirittura intendeva riportare nella sua città.i documenti del consolato veneziano in Livorno, le serie dell’archivio di Simancas riguardanti la città, i cinquantatre legajos (1718-1798), i trattati e diplomi relativi alla città e al porto, la corrispondenza e gli atti dei consoli di S.M. Cattolica intitolata “Liorna”, i “Negociados de corrispondencia esterior con los Ministros”, ed infine la serie “Governo di Livorno”dell’Archivio di Stato di Firenze.
Nel dicembre 1895 ricevette in deposito l’archivio della Capitaneria di Porto di Portoferraio e alcuni mesi dopo gli archivi della Sanità dell’I.R. Comando della Marina Militare e della I.R. Capitaneria di Porto.
Nel mese di agosto 1896 venne autorizzato, sia dal Ministero dell’’ Interno che dal Comune di Livorno, il deposito delle carte della prefettura anteriori al 1860.
Durante il mese di maggio 1898 veniva trovata finalmente una sede idonea: il giorno 14 Maggio il Municipio stipulava un contratto d’affitto con la Contessa Franceschi Bicchierai riguardante l’immobile posto al 3° piano del n°5 di via Borra,; il canone della durata di tre anni, dal 1°Maggio 1898 a tutto il Maggio 1901 era fissato in 600 lire annue.
Il 1898 fu davvero un anno decisivo per l’archivio storico livornese: l’ospedale civile della città depositò alcune bolle pontificie dei secoli XVI e XVIII ed altri manoscritti interessanti, il Conte Maurizio Mauruzj donò alcune carte fra le più importanti del suo archivio familiare. Si trattava di alcune bolle dei pontefici Martino V, Eugenio IV, Sisto IV, ed Innocenzo VIII, di alcuni diplomi di Ferdinando d’Aragona e di Francesco Sforza e di vari atti relativi all’attività svolta da Francesco Mauruzzi, inviato di Sisto IV in occasione della pace di Lodi del 1484.
In previsione dell’apertura dell’archivio si redasse anche un disegno di regolamento dell’archivio storico comunale, naturalmente scritto dal Professor Vigo. Sono 40 articoli molto dettagliati che verranno adottati poco dopo senza sostanziali modifiche.
L’apertura dell’archivio era davvero imminente: dal 17 gennaio al 20 Maggio si effettuarono i trasporti del materiale archivistico dal Tribunale all’archivio storico, trasporti avvenuti grazie all’impegno dei locali pompieri, che si videro pagare un compenso di centesimi 50 ciascuno per ogni giornata.
Quindi, il 30 Maggio 1899, veniva finalmente inaugurato con una solenne cerimonia, avvenuta nella sala del Casino di S. Marco, ed il 3 maggio fu aperto al pubblico.
C’è da dire che l’Archivio venne subito ampliato con l’appartamento attiguo sempre di proprietà della contessa Franceschi Bicchierai. Direttore del nuovo istituto fu il prof. Vigo che ebbe come collaboratore Osvaldo Testi.
Iniziata la propria attività, l’Archivio Storico cittadino si andò arricchendo di nuovi fondi per versamenti, depositi e donazioni. Ma la mole dei documenti stava veramente crescendo e l’esigenza di trovare una sistemazione più soddisfacente era sempre più sentita.
Essendo la sede di Via Borra ormai insufficiente con una delibera della Commissione amministratrice degli Spedali Riuniti di Livorno si decise di affittare al Municipio di Livorno il primo piano dello stabile del già Spedale della Misericordia, con ingresso dalla Piazza Guerrazzi n.4., dove l’archivio si trasferì nel maggio del 1905.
Nel 1907, per acquisto fatto dal Vigo, pervenne all’archivio una pergamena che fu unita al diplomatico; si trattava in dettaglio di un documento rogato il 18 maggio 1134 contenente una donazione alla Chiesa di S.Maria ad Finem, ossia alla chiesa posta sul piccolo fiume Fine ai piedi dei monti livornesi fra Castiglioncello e Rosignano.
Nel 1912 dopo le insistenze del Prof Vigo riguardo alla necessità di ampliare i locali dell’archivio storico incapaci di contenere ulteriori documenti, la Giunta Municipale deliberava di procedere all’affitto dei locali sempre di proprietà dei Regi Spedali, situati in Via S.Fortunata n.4, piano primo, adiacenti a quelli allora occupati dall’archivio storico; l’affitto era della durata di 5 anni ed aveva un costo di Lire 20 mensili.
Nel 1914 la Giunta deliberava la somma di Lire 300 per l’acquisto di alcune pubblicazioni antiche interessanti la storia di Livorno, facenti parte della collezione d’arte e di antichità del pittore Augusto Volpini.
La guerra era ormai alle porte e l’archivio storico, come altre istituzioni culturali, passò in secondo piano. Scarti d’archivio indiscriminati falcidiarono la messe dei documenti; le esigenze della guerra richiedevano un contributo da tutti e l’introito della macerazione della carta andava alla Croce Rossa impegnata in prima fila sul fronte di guerra.
Nel 1916 il Prof. Vigo, colpito da una grave infermità che lo costrinse in pratica ala ritiro, fu sostituito dall’assistente Osvaldo Testi. Dopo la parentesi della Guerra Mondiale e la morte di Pietro Vigo (4 ottobre 1918), il lavoro nell’archivio storico comunale continuò.
Nel febbraio 1927 il Podestà con una delibera rendeva onore alla memoria del compianto Prof. Pietro Vigo intitolandogli l’archivio storico cittadino.
Sempre in quell’anno venne esaudita la richiesta fatta al Ministero dell’Interno l’anno prima di trasferire dall’ Archivio di Stato di Firenze all’archivio storico di Livorno l’intera documentazione del Commissariato di Polizia di S. Marco, S. Leopoldo, e Porto dal 1848 al 1860 (in realtà si partiva dal 1803).
Si trattava di numerosissimi documenti riuniti in numero 1907 tra filze e registri. Ormai in quegli anni i grossi depositi di documenti non avvenivano più in quanto tutto il materiale era stato ormai recuperato e depositato nell’archivio storico cittadino; le donazioni ed i versamenti in quel periodo erano di lieve entità ma pur sempre significativi.
Agli inizi del 1937 vennero stanziate Lire 235.90 per l’acquisto di antichi manoscritti per l’archivio storico. Nell’Maggio 1938 venne nominata la Deputazione di vigilanza sulla Biblioteca Labronica e l’Archivio storico per il biennio 1938/1939; ne facevano parte Luigi Belforte, Gaetano Bonifacio, Francesco Cecioni, Luigi Mannucci, Gino Mazzanti, Ersilio Michel, Costanzo Mostardi e Ersilio Pescetti.
Intanto i venti di guerra cominciavano a soffiare ed a farne le spese erano anche i documenti e le carte. Il 9 Maggio 1940 il Podestà ordinò infatti uno scarto rigoroso di tutti i documenti inutili per l’invio al Comitato Provinciale della Croce Rossa.
In ottemperanza alla nuova legge sugli archivi del 22 dicembre 1939, nel 1941 si istituì a Livorno una sezione di Archivio di Stato (diverrà poi Archivio di Stato a seguito del d.p.r. 30 settembre 1963 n.1409).
Nel novembre 1941 il Podestà Aleardo Campana deliberò “…Di far luogo alla consegna da parte del Comune, alla sezione di Archivio di Stato di Livorno, di tutto ricordato materiale archivistico, già costituente l’archivio storico comunale Pietro Vigo”.